Dimitri Salonia
Il segno e la pittura che esprime, interpreta e coniuga questo Maestro acclarato dell’affabulazione immaginifica mirata con grande sagacia a soggetti di genere, sorprende per la grande facilità intuitiva e interpretativa che ogni osservatore e la moltitudine del pubblico più eterogeneo capta e legge traducendo tutti i suoi racconti, ricchi di vivaci sequenze, senza la necessità di una chiave di lettura specifica, ma in un modo così spontaneo e piacevole che in galleria capita raramente anche davanti a opere di artisti di fama.
I racconti del Maestro, aperto al più eclettico e acceso visionarismo, si può dire che siano infiniti visto che il Salonia tocca tutte le espressioni del vissuto umano sfiorandone e accarezzandone lo scibile; racconti scanditi tra l’altro con quella maestria che diventa tipica in chi, come lui, campione nel suo ambito, la suggella con estrema nonchalance ma, al contempo, con altrettanta scontata bravura quasi a sancire una personalissima e dottissima poetica basata su una perennemente festosa oltre che ottimistica interiorità.
Nei suoi famosi Mercati siciliani, per esempio. tema a lui assai caro e trattato con strepitosa frequenza, aleggia una semplicità che a dir poco affascina visto che, ad osservare i particolari di questi siti vocianti rumorosi e popolari, si entra da subito nelle loro medias res; un vissuto che affascina perché rimanda, con la velocità di un transfert cinematografico, a quei ricordi di timbro ancestrale che esercitano sempre molta attrazione; anche se il fascino maggiore è dato dalle bellissime trame di segni e di colori imbastite in infinite varianti che catturano momenti di luce che a loro volta innescano segni vibranti, di irradianti campiture, di traiettorie sottilmente graffiate, di sfumati trapassi dall’ombra
Nel tratto pittorico, sviluppato con un percorso in continua evoluzione, non cade mai nel ripetitivo, ha saputo trattenere, nei tanti anni di studio e di curiosa caparbia ricerca, un guizzo d’immaginazione coreografica e una freschezza di deposito e di rilascio del colore che, per come riesce a dialogare con la luce e lo spazio, che concepisce come unità libera d’espressione, dove mobili scie e labili tracce di piani che slittano nello stesso spazio come oggetti misteriosi, o si tramutano in sfuggenti zonature d’ombre e luci, lasciano sgomenti e sorpresi, mentre trasfondono inconsapevolmente empatia e pathos che porgono a chi guarda una sinergica fierezza.
Il suo viaggio contemplativo muove istintivamente tra la materia cromatica, la luminosità, la visione e il messaggio pittorico crea e delinea una sorta di spartito armonico che è il racconto finale che gratifica così l’osservatore trasformandolo, a livello inconscio, in un individuo incantato come da un magico sortilegio capace d’apprendere la sua sintassi postespressionista. Il linguaggio del maestro è concettuale e poliedrico e non si muove certo lungo binari di intenti predefiniti o didascalici pur mantenendo un concreto legame anche con le sperimentazioni dell’approccio costruttivo alla più elegante realtà.
Difficile allora poter connotare i canoni descrittivi della splendida pittura di questo singolare, oltre che ardito, messinese, degno concittadino di Antonello, che sviluppa e concretizza valenze coloristiche e volumetriche con una disinvoltura e con una alternanza tonale sempre calibrata e puntualmente coerente col tema che s’è proposto; in lui, nel suo unicum creativo, tutti gli addendi della bella opera, della bellezza canonica suo malgrado, sono sempre puntualmente convergenti.
Come si può comprimere in un riassunto critico ciò che così compiutamente geniale gli suggerisce il cuore?
La personalissima declinazione del colore, l’intatta incarnazione dei segni fanno sì che i suoi quadri vedono pullulare immagini rubate al tempo del vivere e icone che ritrovano nei titoli l’identità della sua storia di artista siciliano, come la radice della sua terra che sprigiona gioia, stupore, effluvi di luce, veri arcobaleni di colore quand’anche di profumi intensi e incomparabili, come può essere quello inimitabile della zagara e/o quello altrettanto immarcescibile e sempre incomparabile del mare delle alghe dei licheni e degli scogli.
La caduta verticale della cultura dell’ultimo ventennio del nostro Paese, che ha visto dilagare sfacelo dei costumi e corruzione, ha scavato, e ormai lo sottolinea, il grosso divario generazionale che pur non promettendo niente di buono, concede, grazie ad artisti di siffatta erudizione, la giustificata speranza che, a detta dei grandi vecchi saggi di ieri, “una volta toccato il fondo si può solo risalire”.
Gli esempi culturali così che grossi personaggi dell’arte come Dimitri Salonia tessono a favore di questa società contemporanea e sanno acuire quella speranza in modo esponenziale mentre incoraggiano una non abbastanza mai sperata e lodata ripresa, grazie a quel coacervo di segni e di segnali di plastico lirismo contemplativo che il suo carattere estroso e creativo gli consente; si direbbe che un dettato della mente governa e riordina impulsi che premono dal profondo dove, impellenti traini istintuali carichi d’energia si ricompongono nell’attraversare la zona di luce dell’intelletto e la sua architettonica progettualità.
Di razionalità, logica, dettame e rigore dell’ordine non c’è traccia nel DNA dell’artista e dell’uomo Salonia, mentre ricche fonti sorgive naturali come fantasia, sensibilità, l’apertura al sogno e soprattutto l’intuizione del momento catartico delle sue opere, si rinnovano continuamente con la stessa potente, esuberante, vigorosa e dinamica cadenza di una cascata.
Pur essendo un figurativo l’artista riesce a catturare spazi mentali e fughe psicologiche e astratte a chi l’osserva; a volte fluido e trasparente, a volte invece più intenso e magmatico, lascia affiorare una dimensione del profondo che diviene realtà più autentica e vitale. Ma il vero mentore del suo dire in pittura è e resta il colore, spesso metafora di vita; talvolta delicato come un’alba primaverile, quindi impetuoso come una passione sensuale, o esagerato come squillo di tromba, sicuramente mai malinconico o triste.
Di fronte alle opere di questo ispirato autore In pratica si assiste alla trasfigurazione dell’esperienza simbolica del vissuto cantata dal Salonia con raffinato tono cromatico per osannare la consapevole presenza di sè, l’appartenenza al modo degli uomini, l’esistenza vitale, il vivere bene, in una maniera sempre nuova.
In conclusione, si può parlare e interloquire di un individuo dalla intelaiatura cromatica e umana complessa e semplice al contempo, dalla fantasia caleidoscopica, dalla fluttuante sensibilità, dalla lirica apertura al sogno che lo rende poeta, dalla ricchezza di una generosità spontanea in cui abbonda un quid catartico purificatorio fiero e liberatorio che può rimandare all’orfismo di cui tanto amava parlare Apollinaire.
Se il bilancio intellettuale di un Paese si può evincere e dedurre dai fermenti di pensiero, dalle sue spinte più ideali, dall’intreccio dei valori dei suoi rappresentanti che riesce ad annodare e/o dai suoi prodotti più altamente espressivi, allora quanto detto della verve e della personalità artistica del maestro Dimitri Salonia non basta; perché non solo aggiunge valore a valore al background di una Italia che nel terzo millennio vuole obnubilare il degrado cumulato e quindi recuperare, ma lo allontana al contempo dai comuni mortali e dagli immancabili parvenu dell’arte mentre simultaneamente lo affianca ai più bravi e sicuramente lo comprende tra i più consistenti artefici dell’arte contemporanea più rappresentativa.
Gastone Ranieri Indoni