Ricordare Massimo Troisi e, allo stesso tempo, attraverso la poesia di un’installazione naturalistica e di un docufilm, ripercorrere la sua storia artistica e la sua vita, evidenziando l’unicità interpretativa che lo ha reso celebre in tutto il mondo. E’ stato questo l’obiettivo della Fondazione Salonia che, nel ventennale della morte di Troisi e della proiezione del film ‘Il Postino’, ha presentato un interessante progetto nell’ambito del ‘Memorial Massimo Troisi’ del Comune di Malfa.
Il 6 agosto 2014 per il IV appuntamento del festival denominato “Il postino e l’isola di Salina” e organizzato dal Comune di Malfa e dall’Anfe (Associazione nazionale famiglie emigrate), il Maestro Dimitri Salonia, ha esposto alle Balate di Pollara a Salina una sua installazione artistico naturalistica che sarà donata al comune di Malfa. Per l’opera Salonia ha utilizzato solo materiale come legno, ferro, sassi, piante e una vecchia barca per non incidere sull’equilibrio ambientale del territorio. La vecchia imbarcazione in legno è stata ‘incastonata” nel cancello di entrata di una grotta. All’interno è stato posizionato un registratore collegato ad un impianto stereo che diffonderà al passaggio dei visitatori la voce i suoni e i rumori della natura che Troisi –Ruoppolo o ha registrato nel film “Il postino”. Presenti anche oggetti ed elementi tipici dell’ambiente circostante e che erano inseriti nella celebre pellicola.
L’installazione denominata “L’ultimo viaggio in un rifugio ancestrale rubato agli dei“, ha cercato di descrivere allo stesso tempo l’anima di Troisi e il suo rapporto con la morte. Lo schianto della barca rappresenta la vita dell’uomo perennemente in balia delle soverchianti forze della natura contro le quali nulla possono razionalità, intelletto e progettazione. La stessa vita di Massimo Troisi, in perenne bilico tra slanci, passioni creatività e destino beffardo sempre in agguato, ne è chiara e paradigmatica rappresentazione.
Per l’opera Salonia ha utilizzato solo materiale naturale trovato sull’isola come legno, ferro, sassi, piante e una vecchia barca che poi ha dipinto. La vecchia imbarcazione in legno è stata poi “incastonata” nel cancello di entrata di una grotta. All’interno è stato posizionato un registratore collegato ad un impianto stereo che diffonderà al passaggio dei visitatori la voce, i suoni e i rumori della natura che Troisi – Ruoppolo ha registrato nel film Il postino. L’installazione denominata
“L’ultimo viaggio in un rifugio ancestrale rubato agli dei“, cerca di descrivere allo stesso tempo l’anima di Troisi e il suo rapporto con la morte. Lo schianto della barca rappresenta la vita dell’uomo perennemente in balia delle soverchianti forze della natura contro le quali nulla possono razionalità, intelletto e progettazione. Resterà sull’isola finchè non saranno le mareggiate a distruggerla come spiega lo stesso artista Dimitri Salonia.
Sempre durate la manifestazione è stato proiettato il ‘poema visivo’ di Eros Salonia dal titolo “Scusate, avete visto Massimo Troisi ?. Il film ha ripercorso con un linguaggio originale gli ultimi giorni di Troisi a Salina, fondendo lo stile del documentario con la fantasia. Ha ricordato difatti, Troisi a Salina attraverso le immagini e le testimonianze dei protagonisti della pellicola e di chi ha lavorato nel film. Oltre lo scenografo Lorenzo Baraldi la costumista Gianna Gissi, gli attori Mariagrazia Cucinotta e Alfredo Cozzolino e l’aiuto regista Gaia Gorrini, e sono state sentite persone dell’isola che hanno conosciuto l’attore, ma anche esperti e docenti di cinematografia. Il film però ha anche fatto tornare idealmente Troisi a Salina e ha permesso di conoscere l’isola in una dimensione più intima e vera come ci ha spiegato il regista.
Installazione per il ventennale di Troisi del maestro Dimitri Salonia
Un’antica barca di legno si schianta contro il cancello della grotta a mare alle Balate di Pollara, dove sono state girate scene del film “Il postino”. Lo schianto della barca rappresenta la vita dell’uomo perennemente in balia delle soverchianti forze della natura contro le quali nulla possono razionalità, intelletto e progettazione.
La stessa vita di Massimo Troisi, in perenne bilico tra slanci, passioni creatività e destino beffardo sempre in agguato, ne è chiara e paradigmatica rappresentazione.
Nel film “Il postino”, in una sorta di chiaroscuro sospeso tra intenzionalità e aleatorietà, si intrecciano le storie e i destini di Troisi-Ruoppolo e Noiret-Neruda, in una sorta di visionaria (chiaroveggente) rappresentazione.Nella poetica di Neruda è spesso presente il tema dell’eterna lotta del’uomo contro il proprio destino.
Scriveva Mimmo Lazzaro, magistrato e musicista, appassionato asceta… nel suo libro di poesie illustrato da Dimitri Salonia “valle di Muria, pista di pirati”, riferendosi
ai luoghi della memoria dell’amata isola di Lipari, uno squarcio tra le sciare laviche che, “epicamente rossastre si avventurano precipiti al Tirreno a riprendersi quasi i
Faraglioni sfuggitigli dal grembo, con doglie apocalittiche”. Quelle stesse sciare laviche che hanno scavato nel tufo le grotte della memoria, nelle quali eroici pescatori si illudevano di proteggere le loro barche dalla violenza delle mareggiate invernali.Adesso quell’antica e sublime barca di legno scavata in un albero di eucaliptus, tagliato dalla furia delle regole sulle distanze stradali, giace serena e definitivamente protetta dentro le contorte ferraglie del cancello di chiusura della bocca della caverna.Tuttavia, il vero protagonista è il tema principale dell’installazione è sempre lo splendido paesaggio di Pollara con i suoi colori: il giallo ‘sporco’ del friabile tufo, inconsistente e precario, ma tanto morbido e docile allo scalpello del tempo, del vento e della pioggia, (e anche alla violenza dell’uomo); il verde della macchia mediterranea e del mare nelle rare giornate di calma; il bruno e il grigio della roccia e della pietra, in precipiti e ripidi declivi; il rosso del tramonto, dall’antico semaforo di avvistamento, in antichi tempi di guerra; l’azzurro del cielo nelle belle giornate d’inverno; il bianco delle facciate di calce viva sempre più rare, sempre più colorate e lisce, sempre più spigolose; il nero degli umori e della solitudine. Tutto questo in un unico vortice dell’antico vulcano, tramortito e scaricato a mare da un terribile
maremoto. Sopravvissuto un solo scoglio a mare, colonizzato da preistorici rettili, e contaminato d’estate da bianche barche di vetroresina, adagiate su solidi giacigli
d’acqua.
Questo paradiso terrestre, questi giardini dell’eden rubati agli dei, sono il teatro e il palcoscenico naturale di eventi che uniscono e separano le tante vite vissute e
passate da questi tufi, tra queste pietre di antica memoria (la vita di Massimo Troisi, tracciando e percorrendo sentieri in salita, precari e traballanti sostegni di
passeggiate notturne, rischiarate da un’ enorme luna piena, che si nasconde dietro la bocca del vulcano, e da stelle splendenti, tante chiare stelle.
Un percorso ideale e reale per il recupero dei luoghi della natura, del territorio e della mente, per la ricerca e lo sviluppo di nuovi percorsi senza catene, né chiusure.
Un rifugio ancestrale regalato dagli dei (le caverne delle Balate). Quel fondo di malinconia rassicurante ed estrema, che avvolge l’antro, intero di pietra, non di carne, né sangue. Concava alcova di tristi abbandoni, un nido per amore, un rifugio per morire. E quel russare di acque limpide e tumultuose, il respiro del mare, la voce del vento, il latrato di cani, il verso dei rapaci e dei gabbiani., si intercettano tra i sassi e le rupi. Nella notte, quel respiro di acque, quelle voci di animali, si intercetta nel vento e nelle nuvole. E l’alba, sospinta come una barca ormeggiata, bianca vela più ampia della barca scomparsa in una solitudine piena e assordante.
E c’erano grandi viali di eucalipti nell’isola solitaria, pieni del loro intenso profumo d’inverno, e d’estate; decapitati e inerti … indifesi contro l’assalto delle motoseghe.
E c’erano le malvasie stese al sole, sopra le canne dolci e brune nella lunga attesa della spremitura, prima delle piogge d’autunno. Quel rifugio ancestrale, regalato dagli dei agli umani, è rimasto solenne e solitario; ha resistito ai violenti attacchi dei pirati e delle mareggiate invernali.
Descrizione dell’installazione del Maestro Dimitri Salonia per il ventennale di Massimo Troisi e della proiezione del film “Il postino”. Giorgio Barbuto mi raccontava che l’ultima mareggiata aveva distrutto con la sua straordinaria violenza la barca che Lorenzo Taranto soleva introdurre nella mia grotta a mare alle Balate.
L’idea dell’installazione naturalistica nel ventennale del trionfo e della morte di Massimo Troisi, nasce da alcune riflessioni sulla violenza della natura e sugli elementi del magico luogo: la grotta scavata nel tufo, le barche di legno tirate in secco dopo i pericolosi viaggi in mare, il cancello di ferro. E’ come se l’anima della barca si aggrappasse ancora a quel rifugio che non l’ha salvata, a quel cancello chiuso che ha impedito l’entrata. Ancora rimbalzano dentro quei legni i ‘rumori’ e i suoni della natura che Massimo Troisi ha registrato per sempre.
Allo stesso modo Troisi lottando nel film e nella vita, contro i colpi del destino, che sono come una marea, si aggrappa ancora con la sua grande anima alle Balaete di Pollara rifugiandosi nelle notti di tempesta dentro quelle grotte che non hanno saputo proteggere la sua barca nel viaggio della vita.
L’installazione sarà creata incastonando una vecchia barca di legno nel cancello di entrata della grotta.
Al’interno dell’imbarcazione verrà posizionato un registratore collegato ad un impianto stereo che diffonderà la voce di Troisi e i suoni e i rumori della natura che lui stesso ha registrato nel film.
Sono previsti altri interventi con l’inserimento di oggetti e di elementi tipici dell’ambiente circostante e che sono inseriti nel film.
Sempre lo stesso anno nell’ambito del Marefestival Dimitri Salonia e la Scuola Coloristica Siciliana hanno realizzato a Salina un grande quadro su Troisi poi donato al comune.