Critica Carla Valesini
La Memoria del colore
Cosa succede se i colori invece di riempire i confini delle forme, quelle forme le creano? Se invece di essere degli accessori diventano essi stessi componenti ineliminabili, materiali per costruzioni assurde, improbabili e fulminee? Succede qualcosa di meraviglioso: il colore agisce nello spazio come materia viva, sostanza pastosa che ora si rapprende e si coagula in superfici spugnose, ora si allunga in filamenti luminosi e tentacolari, ora s’inarca in volute cangianti. Sculture di colori e di luci che fanno balenare paesaggi fantastici, memorie senza tempo di un io-totale annegato in orizzonti lampeggianti. E se i pigmenti colorati che hanno dato vita a così caleidoscopiche immagini, mutano per qualche ignoto volere, le loro instabili strutture, allora la metria solidificata torna a scorrere, quasi fluido iridescente, cascata di colori squagliati e magmatici. Le forme geometriche, le punte che si incuneano come lance, i reticolati che si dilatano nello spazio contribuiscono a organizzare quell’inestricabile intersecarsi di fili incandescenti e di riflessi che rivelano un’incessante attività un pulsare continuo celato dietro una calma solo apparente.